L’Italia ha bisogno di un’Autostrada del Sole per il ventunesimo secolo.

Non ci sono scorciatoie a disposizione: la crescita economica nei Paesi avanzati viaggerà sempre più sulla banda larga.

Per l’Ocse ogni euro investito nelle reti digitali ad alta capacità ne genera quattro di Pil.

Perché sono queste le infrastrutture con cui oggi imprese e consumatori si scambiano i 'servizi' e quindi le 'merci':

informazione sotto forma di immagini, flussi finanziari, progetti e comandi a distanza, ordini su misura.

Le autostrade digitali che connettono computer e cellulari sono

l’equivalente della grande rete d’asfalto che ha unito lo Stivale negli anni Cinquanta:

accorciando il Paese e avvicinando imprese e persone,

l’Autostrada del Sole ha contribuito a creare le condizioni materiali per

il boom economico che ci ha fatto diventare una fra le più grandi economie al mondo.

Più di mezzo secolo dopo ci troviamo nuovamente a un bivio. E anche in questo caso realizzare un’infrastruttura in fibra ottica in grado di trasportare dai 30 ai 100 megabit al secondo è una precisa scelta di politica economica con enormi ricadute sociali, perché garantisce sviluppo che non può prescindere da un intervento di finanza pubblica. I costi sfiorano i 20 miliardi: anche se spalmabili su dieci anni, nessun operatore potrebbe affrontarli da solo. Sulla costruzione della «Next generation network» (Ngn) a banda ultra-larga si stanno del resto arrovellando i governi di mezzo mondo. Per le 'superstrade' a quattro corsie, invece, ovvero la banda larga dai 2 mega in su che assicura l’uso delle applicazioni Web interattive, è sufficiente il vecchio doppino di rame abbinato alla tecnologia Adsl. Grazie alla rete Telecom, non siamo poi messi così male. Oppure la banda larga mobile dei telefonini e delle chiavette Internet. Va nelle giusta direzione, quindi, l’asta frequenze del cosiddetto «dividendo digitale esterno», riservata agli operatori di telefonia mobile, illustrata ieri dal ministro dello Sviluppo Romani. Destinare anche solo 80 MhZ alla banda larga mobile comporterebbe per l’economia italiana una creazione di valore tra gli 11 e i 19,6 miliardi. Ma il cosiddetto «mobile» non basta. È di un nuovo «sistema nervoso digitale fisso» che il Paese ha bisogno, fibra ottica ad altissima capacità che connetta materialmente imprese e famiglie. Pena quella che il presidente dell’AgCom Corrado Calabrò ha definito «retrocessione in serie B» in un frangente in cui è lo stesso sistema economico globale a cambiare pelle, autopromuovendosi in una categoria superiore. Il sociologo Manuel Castells, tra gli osservatori più acuti di questa trasformazione epocale, ha dimostrato come oggi si vadano affermando due modelli. C’è la cosiddetta «economia dei servizi», predominante nei Paesi anglosassoni, con un drastico ridimensionamento dell’occupazione nell’industria e una crescita corrispondente nel terziario, soprattutto nella gestione finanziaria del capitale. In Germania e Giappone è andato potenziandosi invece il «modello informatico industriale», in cui i processi di digitalizzazione sono strettamente integrati alla struttura della produzione. È a questo secondo paradigma capace di reggere meglio l’urto dell’ultima grande crisi che l’Italia dovrebbe ispirarsi. Anche perché il nostro Paese si trova tuttora a mezza via: non ha portato a termine il primo stadio l’industrializzazione mentre passa all’informatizzazione, rischiando di rimanere pericolosamente in bilico, se non di ruzzolare. Garantire al sistema produttivo una nuova autostrada digitale contribuirebbe quanto meno a risolvere l’impasse. Senza energia nucleare il sistema industriale italiano, così povero di materie prime energetiche, è riuscito per mezzo secolo a tenere il passo delle economie più avanzate. Senza autostrade digitali, invece, l’Italia, così ricca d’intelligenza imprenditoriale, potrebbe perdere definitivamente contatto con il gruppo dei primi. Referendum o meno, il bivio pare oggi ancora più netto.

 

 

COSA E' LA BANDA LARGA ?

Nell'ambito della teoria dei segnali questo termine è usato per indicare i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea trasmissiva. Nella legislazione italiana ed europea manca una definizione ufficiale di banda larga. Tuttavia la Commissione europea usa il termine Banda larga in un'altra accezione cioè come sinonimo di connessione alla rete Internet più veloce di quella assicurata da un normale modem analogico dial-up. Essa è di fatto un concetto tipicamente relativo dei nuovi sistemi di telecomunicazione rispetto ai precedenti oppure assoluto se si paragonano tra loro i più evoluti sistemi di telecomunicazione  (es. wireless o cablati)  In questo senso la più tipica banda larga sarebbe quella assicurata dalla connessione tramite fibre ottiche. Pur tuttavia con tale espressione si può intendere anche la banda dei sistemi mobili di telecomunicazioni (es. cellulari e smartphone) di terza generazione (3G) con accesso alla rete Internet rispetto a quelli di seconda generazione (2G) (wireless broadband o banda larga radiomobile), i quali tutti hanno comunque un'ampiezza di banda inferiore rispetto alle reti cablate in fibra ottica specie in un contesto di banda totale condivisa tra molti utenti. In tale accezione l'evoluzione dei sistemi cablati viaggia ora verso la cosiddetta banda ultralarga (ultrabroadband) grazie all'avvento delle

Next Generation NetWork